Lavorazione della filigrana: ecco le varie fasi

Sembra che la prima filigrana autentica risalga a più di 4 mila anni fa, e la testimonianza arriva dai ritrovamenti nell’area dell’antica città di Troia, databili al 2000-2500 a. C.

Il termine filigrana, usato a partire dal 1600, ha senz’altro origini latine e deriva dall’unione di due sostantivi: filum e granum.

Questa speciale tecnica di lavorazione dei metalli preziosi si sviluppa in Italia tra il 1800 e primi decenni del 1900. I più importanti centri, dove oggi si realizzano gioielli e articoli religiosi di particolare pregio, sono presenti in Liguria, Veneto, Abruzzo e Sardegna.

Come si arriva al prodotto finale

Si è detto che la lavorazione della filigrana è una tecnica antica ed è importante specificare che ancora oggi viene eseguita interamente a mano, secondo le indicazioni dettate dalla tradizione e senza l’ausilio di alcun macchinario.

Vediamo ora quali sono i passaggi che a partire dalla materia prima, che può essere oro oppure argento, conducono alla creazione dei sottili fili intrecciati:

  • Fusione: il metallo viene posto in un crogiolo in terra refrattaria e sottoposto a un trattamento termico elevato, fino al raggiungimento della soglia di fusione. Nel caso dell’oro, che è un metallo tenero, si procede all’unione con altri metalli, che conferiscono una maggior durezza. Da queste leghe così ottenute si ricaveranno i vari tipi di oro presenti sul mercato. Terminata la fusione, che avviene con un cannello soffiato a bocca o a pedale, il liquido sarà versato in una lingottiera e raffreddato.
  • Laminazione: la barra di metallo, plasmata dalla lingottiera, viene fatta passare attraverso un laminatoio composto da due cilindri in acciaio o ghisa che ruotano in senso contrario. Attraverso il passaggio fra scanalature che diminuiscono progressivamente, ci si assicura l’assottigliamento della barra metallica, fino a uno spessore di circa un millimetro. Durante questa fase il filo ottenuto viene cotto di nuovo, per renderlo resistente all’allungamento.
  • Trafilatura: si procede a rendere ancora più sottile il filo metallico, facendolo passare attraverso trafile di acciaio o pietra, via via più piccole. A seconda dell’oggetto da realizzare, si possono ottenere spessori fino a 0,15 millimetri. Segue ancora una nuova cottura per rendere più malleabile il metallo.
  • Torcitura: a differenza delle precedenti tre fasi, tipiche di qualsiasi lavorazione orafa, questa è la fase fondamentale che contraddistingue la filigrana. Più fili distinti vengono fatti scivolare su due tavolette di legno, in modo da assemblarli in una lunga treccia. È così che si ottiene il cosiddetto “filo granato”. Il procedimento deve essere omogeneo, presentando quindi un numero di spire uguali per unità di lunghezza uguale. Anche durante questa fase viene ripetuta la cottura.

Tecniche di lavorazione della filigrana

Una volta ottenuto il tipico filo granato, lo si passa in un apposito macchinario che lo appiattisce conferendogli quell’aspetto dentellato e granuloso tipico della filigrana.

È qui che comincia l’opera e la creatività dell’artigiano, che utilizzando i particolarissimi strumenti da lui stesso realizzati (legnetti), si dedica alla scafatura. In questa fase l’abile filigranista realizza la sagoma o piuttosto lo scafo, che verrà poi saldato affinché mantenga la sua forma.

Seguirà la riempitura attraverso forme e strutture ottenute dalla lavorazione di fili sottilissimi. Poi di nuovo la saldatura e infine i gioielli verranno minuziosamente assemblati, controllati e lucidati.

Di Editore